Il Borgo di Vignacastrisi

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LA CHIESA “FORTEZZA” di MARIA SS. DELL’IMMACOLATA

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Anticamente intitolata a S.Antonio da Padova, la Chiesa venne eretta alla fine del 1500, ed ampliata poi agli inizi del ‘600 grazie ad alcuni lasciti testamentari di cittadini privati.

Lo stile architettonico compatto ed imponente è legato indissolubilmente alla storia delle invasioni ottomane sulle coste salentine: per far fronte alle scorrerie dei nemici saraceni l’intero territorio si era organizzato con un piano difensivo che comprendeva castelli, masserie e chiese fortificate nonché una rete di torri di avvistamento sulla costa, tutte comunicanti.

Così anche la Chiesa di Vignacastrisi, come altre Chiese fortificate del Salento, nata per svolgere le consuete funzioni parrocchiali, venne strutturata in modo da poter difendere i cittadini in caso di scorrerie nemiche.

La facciata presenta elementi tendenti allo stile romanico e i fregi ornamentali dei portali, del finestrone, del campanile e dei cordoni di volta interni richiamano lo stile di altre Chiese fortificate dello stesso periodo.

La Chiesa è a navata unica, sulla cui volta composita ed incisa ad unghie, si può ammirare un cordone ornamentale a motivi rinascimentali, intagliato su pietra locale di carparo.

Il restauro

Durante il restauro del 1948 l’altare centrale -un tempo in pietra leccese- fu demolito e sostituito da quello attuale in marmo. I quattro altari laterali vennero anch’essi demoliti, in parte rivestiti in marmo e in parte sostituiti dalle nicchie che ancora contengono le statue dei Santi. Esse furono poi decorate in oro zecchino, insieme al fonte battesimale e la cantoria. Anche il cappellone, legato alla navata attraverso un muro ad arco, a destra del presbiterio, fu costruito successivamente, perché contenesse una parte dei fedeli durante le celebrazioni più frequentate.
La balaustra in marmo che divide il presbiterio dal resto della Chiesa era anticamente anch’essa in pietra leccese, e comprendeva un cancelletto separatorio tra fedeli e clero. La balaustra originale, ancora in buone condizioni, campeggia sulla cantoria.

Le campane

campane1Le tre campane, venivano suonate ancora a mano dal campanaro fino a pochi decenni fa. La più grande pesa 72 Kg ed è dedicata a S.Domenico e a S.Giuseppe; la più piccola di 32 Kg è dedicata a S.Antonio da Padova e a S.Vito. Queste campane però non sono quelle originali: furono consegnate alla Chiesa, con grande gioia dei fedeli, nel 1948, dopo che le originali erano state confiscate, fuse, e trasformate in bocche di cannone durante gli anni della guerra.
Alla cerimonia di benedizione e battesimo delle campane, alla presenza di tutti i cittadini del paese, furono padrini due membri delle famiglie più importanti del paese: Fabio Bacile dei Baroni di Castiglione e la signora Enza Guglielmo di Vignacastrisi.

I segreti

Nascoste nel ventre sotterraneo della Chiesa, esistevano due cripte, che accoglievano le spoglie dei sacerdoti e dei fedeli nei tempi lontani in cui l’Editto napoleonico non aveva ancora istituito i campisanti fuori dai centri abitati. Sebbene oramai siano completamente sepolte, la loro esistenza è provata da due archi ancora visibili sul lato occidentale esterno della Chiesa.

Gli ultimi tesori della Chiesa sono stati portati alla luce grazie ai lavori di recupero voluti dall’attuale parroco don Arcangelo Ruggeri: un fonte battesimale in pietra leccese con motivi floreali e fogliari in rilievo posto a sinistra dell’entrata principale, e l’organo ottocentesco, che domina sulla loggia della cantoria: i fregi e gli elementi decorativi sono minuziosamente intagliati su legno d’olivo a motivi floreali e la cimasa triangolare che sovrasta la struttura contiene una luce ovale su cui risalta un’immagine di S.Filippo Neri, fondatore degli oratori musicali.

LA CHIESA DELLA CONFRATERNITA DEL SS.ROSARIO
La chiesetta fu costruita nel 1926, partendo da un nucleo originario composto da un semplice altare, presente, secondo gli archivi, fin dai primi decenni del ‘700.
La facciata fu disegnata con lineamenti romanici e la navata interna coperta da un tetto a volta piana costituito da travi di ferro e conci di tufo.

Il contributo dei cittadini

Nel 1958 però l’ossidazione delle travi rese necessario un restauro al tetto, che fu ricostruito a volta leccese “a spigolo” dai maestri costruttori del paese.
Al finanziamento dell’opera partecipò tutto il paese: l’Amministrazione comunale, per volontà dell’allora Sindaco “Don Pippi” Guglielmo, il parroco, e tutta la popolazione, che più tardi contribuì nuovamente per recuperare la statua della Madonna del Rosario, deturpata durante l’incendio del ’62 scoppiato nella Chiesetta.

Una nota particolare merita l’altare: esso fu realizzato dai due fratelli Coppola, maestri costruttori del paese, i quali erano impegnati ai lavori di costruzione della Chiesa. Essi, al di fuori degli orari di lavoro, si impegnarono personalmente alla costruzione del nuovo altare che donarono poi alla Confraternita e che ancora domina il presbiterio.

Il Calvario

Addossato alla chiesa si staglia un Calvario, costruzione di culto tipica delle chiesette del Salento, costruito molto probabilmente insieme alla Chiesa della Confraternita.
Queste opere di culto pubblico e di arredo urbano venivano eseguite secondo chiare tipologie ( a edicola, a recinto, a tempietto, a portico) e si differenziano a seconda della forma che assume la loro parete di fondo: ad edicola absidata oppure ad edicola poligonale.
Il calvario di Vignacastrisi venne costruito ad edicola absidata, e fatto affrescare dal maestro Alessandro Bortone di Diso.

Fonti:
Vignacastrisi – Un paese vicino al cielo”- Agostino Casciaro (in corso di pubblicazione)
Sacra Visita Pastorale – 1966”, Archidiocesi di Otranto